Le opere di Corrado Zafferami – Nota Critica

NOTA CRITICA

Conosco bene Zafferami da quando frequentava l’Accademia di Belle Arti di Perugia. Nato a Todi, si è formato un po’ in Umbria ed un po’ a Roma, lavorando con Ruta, Bruschetti, Brunori, Meli, D’Orazio, la Pepper. Si è interessato al restauro dei pezzi antichi.
L’interesse per la tutela dei Beni culturali e dell’ambiente – connaturata nella tradizione umbra – ha affinato la sua sensibilità artistica.

Ricordo alcune sue belle opere di pittura con particolare simpatia perchè rivelavano sia una mano già tecnicamente dotata sia una personalità in formazione. Dipinti dai vivacissimi colori, quasi giorchi cromatici nei quali si leggevano forme accartocciate o sinuose in movimento. Erano agglomerati, nodi, forme, sfaccettate, emanazioni di luce, guizzi di fiamme. In alcuni vi erano influenze inquietanti di De Chirico, Savino, Dalì; in altri i ricordi di Dottori e Bruschetti.

Zafferami è un pittore umbro che, alla scuola ideale dei grandi corregionali del passato, congiunge celesti intensi a rossi vivacissimi, a viola pallidi, a verdi teneri. Le citazioni dell’antico non si limitano alla scelta della scala cromatica ed all’accostamento di colori; talvolta sono veri e propri brani di pittura di alcuni maestri avvicinati ad altri formando un nuovo soggetto.

Toscana, Umbria e Marche sono terra d’origine di alcuni tra i massimi pittori italiani: l’Umbria è anche terra di grandi, ma spesso ignoti o sconosciuti maestri lapicidi, architetti, scultori: quelli stessi delle pietre conce, tagliate, incise, scolpite di Assisi, Orvieto, Spoleto, Narni, Todi, S.Pietro in Valle a Ferentiullo. Ma anche a Viterbo, Bomarzo, Rieti, Civita Castellana, Pienza.

Memoria viva di esse è nelle sculture di Corrado Zafferami, che è artista sia di forme geometriche che di figure.

Se le va a prendere le “sue” pietre durante i suoi viaggi in Italia e fuori, a seconda della forma che, secondo lui, già contengono, secondo la geniale intuizione che fu di Michelangelo. Negli stessi viaggi scatta decine di fotografie, avvicina personaggi, trae spunto da elementi decorativi che vede e dal paesaggio. Sono pietre arenarie e marmi bianchi, tenere o durissime, ciottoli di fiume o lastre, sedimentazioni o conglomerati, lave o arenarie, che dalle sue abili mani ricevono arricchimento di forma e conenuto. In essa l’allievo di Ruta ed il collaboratore di Pepper imprime il sigillo della sua esperienza artistica con amore e pazienza, come l’uomo primitivo catturava i suoi animali ed anticipava i suoi rituali col segno nelle caverne.

Gli artisti non sono degli storici o dei critici d’arte: è giusto così; per cui le “citazioni” sono memorie rielaborate e reinterpretate. Sono i simboli misteriosi e criptici degli Egizi, degli Etruschi, dei Celti, degli Iranici, dei Cinesi, degli Aztechi? Sono le fibbie di Capogrossi? Difficile a dirsi. Difficile e facile. Non sono più citazioni o riproduzioni da qualcuno o di qualche cosa in particolare: sono ispirazioni, memorie, deduzioni, intuizioni. Con la pazienza e l’acribia degli antichi miniatori umbri (ognuno sa che Dante cita Odersi da Gubbio) Corrado incide, intaglia, scolpisce, lima, scartavetra, pulimenta. Nel suo vissuto ci sono i costoloni variegati e le vele pregiottesche delle Basiliche di Assisi, i vetri di Murano, le ceramiche di Deruta, i tappeti caucasici e cinesi, ivolti slargati e stupefatti delle maschere degli Atridi (come nelle sue tele c’è un po’ di Raffaello, Lorenzo Lotto, Caravaggio).

Schiacciati come per essere visti in acqua o a tutto tondo con le labbra e gli occhi tumidi secondo un tipo africano, ma che è anche presente a Bomarzo, non impauriscono come i demoni scolpiti dei Chiostri romanici, ma sorridono o ammiccano o sogghignano come nelle favole dei bambini. Sono la memoria del fantastico Medio Evo dei costruttori di cattedrali: non del demoniaco medioevale ricordato dal Corducci nel “Comune Rustico”:

Erra tra i vostri rami il pensie mio
sognando l’ombre d’un tempo che fu.
Non paura di morti ed in congreghe
diavoli goffi con bizzarre streghe
ma del Comun la rustica virtù.

Di questi comuni medioevali italiani l’Umbria reca testimonianza ancor oggi, sicchè la parte migliore d’Italia è forse più in provincia che nella grande città. Come è il caso del nostro Autore: perchè Corrado Zafferami non ha perduto negli anni l’entusiasmo del giovane studente di Todi nella storica Accademia Pietro Vannucci di Perugia. Ancora può guardare al mondo con occhi stupefatti come testimonia il suo dialogo con la natura, in Umbria come fuori, come ci dicono le “sue” pietre.

ALDO CICINELLI
Ispettore Centrale Sotrico dell’Arte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

czafferami@libero.it